Lontano dalla follia collettiva
Estate 2020
La cosa più inquietante del COVID-19 sono le incomprensibili modalità di contagio, non si trasmette quando si è seduti al bar o al ristorante a ridere e scherzare tra dieci persone, ma diventa improvvisamente contagioso se ti alzi in piedi per andare al bagno, e la mascherina diventa d’obbligo. Questo virus mortale, innocuo al di sotto di 1,5 metri da terra, ti segue invece fino alle vette delle montagne dove non è raro trovare persone sole dotate di mascherina. Prima di questo brutto sogno, da cui molti non si sono ancora svegliati, uno andava in montagna per respirare aria buona, oggi respira il proprio alito fetido con un ricircolo continuo dei propri scarti.
Ricordo che fino all’estate 2019 il problema n. 1 era il caldo eccezionale, non c’era un singolo anno in cui il caldo non fosse più allarmante dell’anno precedente, perciò i telegiornali raccomandavano soprattutto agli anziani di rifugiarsi nei centri commerciali e bere tanta acqua per evitare malori. Quest’anno invece tutti sono obbligati a mettere la mascherina con 35 °C anche senza un solo essere umano nel raggio di 100 metri e questo è ritenuto sicuro per la salute. Gli anziani sono forse i più colpiti dal terrorismo mediatico e non è raro incontrarne in bicicletta lungo la provinciale dove le auto sfrecciano a 90 km/h, senza casco, ma con la mascherina. Non si sa mai che se muori per incidente stradale poi vai ad alimentare il numero di morti per coronavirus.
Molto strano anche che a gennaio e febbraio, quando non si sapeva ancora come curare questa nuova malattia, nessuno fosse tenuto ad indossare protezioni delle vie respiratorie, neanche i sanitari e certi dottori che hanno continuato a visitare in ambulatorio con la febbre. D’altronde gli esperti della televisione, sull’evidenza scientifica dell’aria fritta, dichiaravano che il rischio di contagio in Italia fosse zero, perché il virus non c’era. Il bello è che quegli stessi esperti non sono scappati in Costa Rica per evitare la folla inferocita, ma vengono ancora ospitati in televisione perché la folla è più mansueta che mai.
La gestione di questa emergenza è stata caratterizzata fin dall’inizio dal nonsenso. Una circolare inviata a tutte le Regioni, evidentemente dimenticata in un cassetto, indicava di prendere provvedimenti contro l’eventuale diffondersi dell’epidemia e mentre dal 31 di gennaio era già stato dichiarato lo stato di emergenza, esponenti politici dell’attuale governo organizzavano aperitivi sui Navigli, un sindaco poco lungimirante lanciava la campagna “Milano non si ferma”, e veniva autorizzata la partita Atalanta-Valencia con 46mila spettatori appene tre giorni prima di scoprire il cosiddetto paziente zero di Codogno, quello che era stato mandato a casa con la polmonite perché pur avendo tutti i sintomi, non era stato a contatto con la Cina.
Dalle rassicurazioni di gennaio-febbraio riguardo un virus che si dicesse essere dall’altra parte del mondo – in realtà gli erano state spalancate le porte dell’Europa per diffondersi efficacemente – siamo velocemente passati a un’efficace campagna di lobotomizzazione della popolazione attraverso televisioni e giornali, con un terrorismo aggressivo, martellante, utilizzando un gergo di guerra, facendo ogni giorno un bollettino di migliaia di morti infilando nelle statistiche gente deceduta per infarto o incidenti stradali e addirittura positivi negativizzati, ricorrendo allo show dei furgoni militari che trasportavano le bare di persone cremate senza aver salutato i propri cari e senza essere state sottoposte ad autopsia.
Dalla imbarazzate iniziativa “abbraccia un cinese” siamo passati al non poter abbracciare nemmeno i propri genitori, a causa dell’obbligo di dimora per 60 milioni di persone, trasformando l’Italia in un grandissimo penitenziario. Hanno segregato la gente in casa vietando di fare sana attività fisica all’aperto, prendere il sole e quindi mantenere efficiente il sistema immunitario. Con i bambini chiusi in casa a fare lezione da remoto con mezzi di fortuna, hanno chiuso le cartolerie e vietato ai supermercati di vendere prodotti di cancelleria, mentre è sempre stato permesso uscire di casa per acquistare le sigarette e coltivare ogni giorno il proprio tumore ai polmoni. Parchi chiusi e tabaccai aperti: un chiara prova che la priorità era la salute dei cittadini.
Lo Stato si è dimostrato in grado di imporre le regole in modo capillare e con sanzioni esagerate, multe da 400 € a persone che cercavano semplicemente di vivere, Federica Torti ha denunciato di essere stata multata perché indossava tuta e scarpe da ginnastica, una mamma separata di Grosseto mi ha raccontato di essere stata multata mentre andava con i tre figli in bicicletta all’edicola, perché in entrambi i casi i tutori dell’ordine hanno ritenuto che stessero praticando attività fisica. Sono state inflitte multe salatissime a chi pisciava il cane a 300 metri da casa anziché 200. Ricordo la paradossale diretta TV dell’inseguimento in elicottero di un povero cristo da solo sulla spiaggia, con Barbara D’Urso che incitava. Droni a caccia di gente che faceva il picnic. E, con la parziale riapertura di maggio, multe ad innamorati che si baciavano dopo due mesi di lontananza. Pensare che tanta veemenza con era mai stata usata contro gli spacciatori, lasciati invece liberi di colonizzare parchetti e stazioni.
Il confinamento e il continuo catastrofismo dei media hanno generato una psicosi in adulti e bambini, e per molti la paura di morire ha superato la voglia di vivere. Dopo che fu partorita l’idea idiota della sanificazione dell’asfalto e delle facciate dei palazzi, le persone hanno creduto che il virus fosse ovunque nell’aria. Nel mio quartiere ho sentito del caso estremo di una ragazza diabetica che da febbraio non esce neanche più sul balcone. Prima di entrare in qualsiasi attività commerciale è richiesto il rito della disinfezione delle mani, e l’erogatore di soluzione alcolica è come l’acquasantiera all’ingresso delle chiese. C’è gente che tutt’ora passa la giornata a disinfettarsi le mani convinta di farsi del bene.
Una grossa fetta della popolazione è ora composta da ipocondriaci patofobici che vanno oltre le già discutibili raccomandazioni delle autorità sanitarie votate al worst case scenario. Ho visto bambini di due anni ai quali i genitori imponevano l’uso della mascherina, obbligatoria in teoria sopra i sei anni di età. Mentre era vietata l’attività fisica fuori dalla propria abitazione vedevo una famiglia di tre persone fare quotidianamente la passeggiata nel giardino condominiale, tutti con indosso la mascherina. Il runner era diventato l’untore per eccellenza, e fare una corsa in strada poteva costare di essere riempito di calci e pugni.
Con la parziale apertura di maggio, appena ho potuto, sono scappato lontano da questa follia collettiva verso le mie amate montagne.
In Valсhiavenna l’atmosfera che si respirava era totalmente diversa dal pandemonio della pianura, la gente non era così terrorizzata. Un signore incontrato su un sentiero mi ha confidato che molti uscivano a fare passeggiate nei boschi anche durante il lockdown.
La foto che segue è della prima uscita a Montespluga, una panoramica del lago degli Andossi (2039 m). È detto anche lago delle Anatre poiché un tempo questi uccelli migravano verso l’altopiano degli Andossi e vivevano in questo piccolo specchio d’acqua. Ci sono ancora residui di neve, e la sfumatura rosa che si vede è data da un’alga unicellulare, la Chlamydomonas nivalis.
In quest’altra panoramica invece si vede tutto il lago di Montespluga costeggiato dalla Statale 36 che porta a Milano, a sinistra la diga costruita nel 1931, a destra il paese Montespluga e quindi il passo dello Spluga, che segna il confine con la Svizzera. La montagna che si affaccia sul lago è il monte Cardine (2467 m). Partendo da sinistra si possono riconoscere quattro vette principali: il Pizzo Ferrè (3103 m), la Cima di Val Longa Centrale (3004 m), il Pizzo Tambò o Tambohorn (3279 m) e il Pizzo Tamborello o Lattenhorn (2858 m).
Nella seconda escursione, a distanza di tre giorni, ho trovato un clima favorevole ed ho potuto raggiungere il lago Nero dello Spadolazzo (2310 m). Il lago, ancora coperto di neve all’inizio di giugno, è situato in un bacino di origine glaciale sul versante ovest del Pizzo Spadolazzo (2720 m). La sfumatura verdastra delle rocce è data da muschi e licheni. Il lago è prossimo al passo di Lai Ner, che porta in Svizzera.
Sull’altura soprastante il lago, una quarantina di metri più in alto, ho incontrato delle pecore al pascolo. Sullo sfondo c’è il sentiero che porta all’altopiano degli Andossi.
Questa invece è la cascata del Cenghen ad Abbadia Lariana (Lecco) in tutta la sua altezza, un salto di circa 50 metri, panoramica verticale ottenuta dall’assemblaggio di più scatti su treppiede. La cascata è raggiungibile tramite il facile sentiero del Viandante partendo dal lavatoio della frazione Linzanico.
Partendo dalla località Pescegallo di Gerola Alta (Sondrio) sul sentiero per il rifugio FALC, poco prima della diga di Trona si prende il bivio verso sinistra in direzione del lago rotondo e si trova il bellissimo lago Zancone (1850 m). In pieno luglio l’acqua è fredda e calma, e si può fare il bagno. Qui il filtro polarizzatore ha permesso di sottolineare il colore verde del lago dando trasparenza all’acqua.
Qui ci spostiamo 600 km più a sud, il monte Amiata (1738 m) visto dal monte Labro (1193 m), Grosseto. L’Amiata è la più alta vetta della Toscana meridionale ed è un vulcano spento.
Purtroppo la follia collettiva è sempre lì dietro l’angolo, pronta a sorprenderti quando meno te lo aspetti. I primi di agosto sono salito sulla vetta del monte Amiata e ho trovato quello che io intitolo “Monumento all’idiozia umana“: centinaia di salviettine umide e mascherine chirurgiche potenzialmente infette legate alla struttura che regge la statua della Madonna degli Scout, lasciate in balia del vento che ne strapperà qualcuna disperdendola nel bosco per poi impiegare centinaia di anni a decomporsi. Questa scoperta mi ha rovinato la giornata e ha fatto diminuire ulteriormente la già scarsa speranza che riponevo nella specie più intelligente del pianeta.